In questi giorni abbiamo assistito alla drammatica e rapida diffusione dell’epidemia di Covid-19 (Sars COV-2) in Lombardia e in particolare nelle province di Bergamo, Brescia, Lodi e Milano.
In queste province gli effetti della malattia sono stati particolarmente aggressivi, con percentuali di morti inspiegabilmente superiori rispetto ai livelli stimati in altre aree di diffusione di questa pandemia.
Tale concentrazione di casi e soprattutto l’altissima percentuale di morti in Lombardia si potrebbe giustificare o con la presenza di fattori scatenanti ambientali oppure con la teoria dei “casi sommersi”, per cui i contagi sarebbero molti di più e pertanto le percentuali reali di morti più basse e più vicine a quelle degli altri paesi.
Una possibile spiegazione di questa anomalia è la presenza di un elemento ambientale scatenante, la diffusione degli inquinanti, e in particolare delle polveri sottili, PM10 e PM2.5. E’ la tesi sostenuta anche dall’Epha, l’alleanza europea per la salute pubblica, confermata da una ricerca realizzata dalle Università di Bologna e di Bari, che mettendo in correlazione i dati di superamento dei limiti di legge delle concentrazioni di PM10 registrati nel periodo 10-29 febbraio e il numero di casi delle persone infettate al 3 marzo (considerando un ritardo temporale intermedio relativo al periodo 10-29 febbraio di 14 giorni approssimativamente pari al tempo di incubazione del virus fino alla identificazione della infezione contratta) sostiene una diretta casualità fra la presenza di polveri e la patologia che sta colpendoci.
In presenza di polveri sottili nell’aria, e in particolare di PM10 e il PM 2.5 (vedi scheda) una frazione molto sottile di particolato può entrare nei polmoni e depositarsi negli alveoli polmonari, producendo una serie di danni correlati alla dimensione delle particelle e alla eventuale presenza di inquinanti specifici o anche di metalli sulla loro superficie.
I pazienti infettati dal virus Covid 19 presentano una polmonite interstiziale bilaterale acuta, e tale patologia nei casi più gravi crea una “tempesta citochinica” che produce una sindrome infiammatoria nei polmoni, interessando proprio gli alveoli polmonari e portando ad una grave insufficienza respiratoria, che in molti casi porta anche alla morte.
Non a caso anche la regione di Wuhan, luogo da cui l’epidemia è partita, è un’area ad elevata concentrazione di inquinanti e presenta in ciò una inquietante coincidenza con la Lombardia.
Se guardiamo le mappe della diffusione del Virus e le confrontiamo con le aree di maggiore presenza del particolato atmosferico PM10 e PM2.5, vediamo chiaramente che esse coincidono in modo impressionante.
Nelle prossime settimane le analisi scientifiche continueranno e potremo avere nuove e più dettagliate informazioni in merito, ma da queste evidenze deriva già ora l’evidenza e l’urgenza di contenere la presenza delle polveri sottili, minaccia ormai sempre più evidente per la nostra salute.
Le polveri sottili sono il risultato delle emissioni prodotte da sistemi di riscaldamento, automobili e camion, fabbriche. Per ridurle sarà necessario adottare azioni di contenimento che riguarderanno la produzione del particolato, ma già ora sappiamo che possiamo contare su un importante alleato: il verde urbano.
Uno studio condotto dal Dipartimento di biologia ambientale dell’Università La Sapienza di Roma titolato “Effetto del verde urbano sulla rimozione di Ozono e PM10 nella città di Roma” e pubblicato nel 2015, ha calcolato per le PM10 che l’assorbimento totale annuo del verde potrebbe raggiungere 23 Kg per ettaro per anno. Il verde potrebbe perciò rimuovere una notevole quantità di polveri sottili, che la pianta è in grado di fissare sulla pagina delle sue foglie, migliorando significativamente la qualità dell’aria.
La capacità decontaminante delle piante è in linea generale proporzionale alla superficie fogliare e in particolare alla superficie fogliare per unità di superficie (indicata come LAI, leaf area index). Essa è dovuta agli enzimi cellulari, alle caratteristiche micromorfologiche delle foglie (forma, numero, densità e morfologia degli stomi, presenza di peli, appendici, cere ecc.), alla forma e alla disposizione degli elementi vegetali (rami densi, fogliame fitto, foglie rugose o frastagliate ecc).
Dunque le piante di cui ci circondiamo lavorano per noi e depurano l’aria che respiriamo trattenendo le particelle di PM10.
La strada che dobbiamo intraprendere per la nostra sopravvivenza dovrà necessariamente prevedere la realizzazione di una maggiore quantità di spazi verdi nelle nostre città, realizzati per proteggerci assorbendo per noi le polveri sottili e gli altri inquinanti dell’aria (ossidi di zolfo e di azoto, VOC, CO2, ecc.).
In particolare possiamo creare dei complessi vegetali protettivi, dei veri e propri polmoni verdi costruiti, delle camere vegetali che ci permettano di avere degli spazi “ad elevata decontaminazione naturale” da realizzare nei pressi delle abitazioni e in luoghi specificamente progettati per massimizzare l’effetto disinquinante e il beneficio sulle persone, sia in ambito indoor che in ambito outdoor.
Alcune soluzioni di questo genere sono già allo studio, come il sistema proposto da Stefano Mancuso e denominato La fabbrica dell’aria. Si tratta di sistemi vegetali complessi, di specie di “roccoli” moderni, capaci di ossigenare l’aria urbana, di abbattere l’inquinamento e migliorare significativamente i parametri dell’aria in uno spazio urbano limitato (chi scrive ha partecipato alla progettazione di uno di tali sistemi).
Questa è la nuova frontiera del verde urbano… per abbattere le polveri sottili e gli inquinanti, rendere le nostre città più verdi, meno inquinate e più salubri.
© Paolo Callioni 2020
19 marzo 2020
Lucide e argute le tue riflessioni e intelligenti i rimedi proposti ma ahimè la natura nella lunga storia della terra si è sempre ciclicamente difesa contro il malcostume degli uomini e il mancato rispetto dell’ambiente che cresce di pari passo al progresso apparente che l’uomo persegue …